Thursday, February 28, 2013

Big-bang disruption

Un pezzo dell'Harward Business Review, che dovrebbe essere fatto imparare a memoria agli imprenditori italiani e agli economisti liberali, che hanno sempre sostenuto che i problemi dell'economia italiana vadano risolti intervenendo sul mercato del lavoro.
Bisogna intervenire su ricerca e innovazione, altrimenti non solo non si cresce, ma ciò che esiste verrà devastato. Quindi innovare non è un lusso o un'opzione, ma una necessità di sopravvivenza.

Ecco i prossimi settori che saranno soggetti a disruption.
Il primo settore, auto, più che da auto elettriche, secondo me verrà disrotto (disrupted) dai servizi di car sharing, combinati a servizi del punto 5.
La seconda, con la dismissione totale dei contanti, la preconizzo da anni.
La terza tocca da vicino noi accademici.
Sulla quarta ci credo molto meno.
1. As purely electric vehicles continue to improve their core technologies, including faster charging and more-dependable batteries, consumers seem to be waiting for the industry to get it just right. That’s a big bang in the making.

2. Likewise, payment processing is poised to migrate from credit cards to smartphones, and it may not be today’s dominant players that launch the winning app. Given the rapid success of payment innovations like Kenya’s M-Pesa in the developing world, the right solution in developed markets is likely to hit big and fast when it finally coalesces.

Even in industries where regulations limit competition, there is growing pressure from big-bang disrupters homing in on large-scale inefficiencies.

3. Education is being privatized and moving online, exposing just how little our public institutions have invested in technology that visibly advances their core teaching mission.
4. Hospitals are reluctant to embrace telemedicine, even though it offers the potential to provide quality, affordable health care regardless of location.
5. Highly regulated taxi and limousine markets are being invaded by new car services such as Uber, which allows customers to order and pay with a smartphone and track dispatched rides using mobile location services.

Tuesday, February 26, 2013

NetSentiment

NetSentiment is an opinion mining service that analyzes data in real time from news and social media, applying human language technologies.

It turned out to be more accurate in predicting the outcome of the Italian elections that traditional tools based on opinion polls.

There were a few things that the opinion polls missed as well as the press and the politician who read the press and the polls.
In the last year during the Monti government and while Berlusconi had retreated from active politics, the traditional media (press and TV) had dispensed hunanimous discredit on him.
This influenced the opinion polls, since apparently many people were afraid to admit they were voting for Berlusconi, but in the social media, they would voice more freely their disappointment for the left coalition and react strongly.
The disappointment for Bersani shows up in the low score, well below Grillo and Berlusconi. Despite this, still a large number of people voted for the left coalition just for a sense of duty. This explains why the votes for the Bersani coalition are higher than the Bersani NetSentiment index.
Grillo has an immense popularity on the net and it was surprising that the NetSentiment index was so low until ten days ago when it jumped to first place, possibly in connection with his Tsunami Tour which filled the Italian squares.
The NetSentiment data on the day before the elections (now they are different), show a quite accurate picture: Grillo 25%, Berlusconi 22%, Bersani 19%.

The first two are very close to the actual percent of votes of their parties. The election results for the PD party (25%) are sligtly higher than those of Bersani, for the reason mentioned above.
This looks similar to what happened in the Catalan elections for the PPC candidate.
So in future election analysis one should try to consider the effect of party popularity on each candidate.
For both Berlusconi and Grillo, candidate and party coincide but not for Bersani.
   

Tuesday, February 19, 2013

economisti scesi in politica (e di livello)

Angelo Raffaele Meo, parafrasando una celebre frase di Clemenceauu, è solito dire che
L'economia è una cosa troppo seria per lasciarla fare agli economisti.
Infatti nel corso di questi ultimi decenni, la gran parte degli economisti nostrani, da quelli supposti, come Tremonti, a quelli veri, come Monti, scesi in politica hanno dimostrato di essere incapaci di predire anche i fenomeni più scontati e ci hanno trascinato nella peggiore crisi economica degli ultimi cento anni.

Sulla scia dei falllimenti dei loro colleghi adesso scende (sale?) in politica una nuova generazione di economisti, che includono Zingales, Boldrin, Giannino, Fassina, Tinagli.
Fare peggio dei loro predecessori sembrerebbe impossibile, ma ancora prima delle elezioni, tutti hanno dimostrato enormi limiti.
Irene Tinagli ha mostrato di non conoscere la differenza tra reddito e patrimonio.
Oscar Giannino ha mentito sul suo curriculum di economista.
Luigi Zingales dopo aver tenuto bordone a Giannino si è frettolosamente dissociato, ma le sue ricette super liberiste non convincono assolutmente.
Michele Boldrin sbraita anche lui contro Loretta Napoleoni, rea di aver suggerito una ricetta economica di stampo social-democratico, che è l'unica che ha senso in Europa per uscire da una crisi di queste proporzioni, come fece Roosvelt seguendo le indicazioni di Keynes nel 1929, senza portare intere nazioni al collasso, come sta avvenendo alla Grecia, nel totale silenzio e disinteresse dell'Europa.
Fassina è inqualificabile, con ricette che vengono lanciate un giorno e smentite il successivo dal segretario del suo partito, e poi spara affermazioni infondate, come quella che l'Italia è l'unico paese in cui il lavoro a tempo determinato costa meno di quello fisso.

Purtroppo la vanità della popolarità effimera che dà presentarsi a delle elezioni sta giocando brutti scherzi a tutti.

Anziché lasciarsi abbindolare dalle ricette neoliberiste che si sono rivelate fallimentari in questi decenni, si dovrebbero ascoltare economisti di altra statura, come i premi Nobel Krugman o Stigliz, che dicono cose ben più sensate.

Sarebbe quindi meglio che gli economisti se ne stiano fuori dalla politica e offrano le loro analisi a qualcuno che sia in grado di discernere cum granu salis, ma soprattutto abbia una visione di una strategia economica di medio/lungo termine.
Anziché affidarsi a una lotta per bande tra scuole economiche accademiche, in cui ciascuno ha il solo obiettivo di dimostrare che il suo punto di vista è superiore, dovremmo decidere prima che tipo di sviluppo economico vogliamo e poi trovare le ricette che ci portano verso quello.

Per esempio, invece di lasciare al mercato e alle banche di decidere i nostri destini, vorremmo che le banche servissero i nostri interessi e i mercati servissero per garantire equa concorrenza tra le imprese.
In settori strategici, dove le imprese e il mercato non funzionano, bisogna realizzare gestioni di bene comune, affidandoli a organizzazioni civiche sotto il controllo diretto dei cittadini (non della politica, che ha prodotto il malaffare di questi anni).
Certe innovazioni, come il salario di cittadinanza, sono realizzabili e proposte persino da politici non di matrice progressista, perché conviene, anche in termini economici, ridurre le disparità e stimolare i consumi, mentre la cassa integrazione è solo uno spreco di denaro, nell'illusione che un lavoro che non c`è più un giorno ritorni.

E invece di rincorrere progetti faraonici, puntare al micro-credito di Yunus (altro Nobel, ma per la pace, perché gli economisti non l'hanno voluto riconoscere tra loro) per rilanciare migliaia di iniziative dal basso.

Per uscire dal mesozoico, bisogna prima liberarsi dei dinosauri dell'economia, che usano i loro modelli economico/statistici del passato e non sono in grado di anticipare i cambiamenti.

Krugman lo dice proprio oggi sul New York Times (giuro che non lo avevo letto prima di scrivere questo post).

PS.
Ho dato un'occhiata al nuovo libro di Krugman, End this depression now, e mi sono stupito che arrivi alle stesse mie conclusioni, che non sono un economista né tanto meno un Nobel:
One main theme of this book has been that in a deeply depressed economy, in which the interest rates that the monetary authorities can control are near zero, we need more, not less, government spending. A burst of federal spending is what ended the Great Depression, and we desperately need something similar today.
E poi procede:
But how do we know that more government spending would actually promote growth and employment? After all, many politicians fiercely reject taht idea, insisting that the government can't create jobs; some economists are willing to say the same thing.
Prima di rispondere, Krugman riprende un altro argomento che è uno di miei pallini fissi: la mancanza di nesso tra correlazione e causalità.
You might think that the way to assess the effects of government spending on the economy is simply to look at te correlation between spending levels and other thinkgs, like growth and employment. The truth is that even people who should know better sometimes fall into the trap of equating correlation with causation.
As you surely know, it's an article of faith on the American right that low taxes are the key to economic success. But suppose we look at the relationship between taxes an employment over the past dozen years. What we see is this.
...
So years with hight tax shares were years of low unemployment, and viceversa. Clearly, the way to reduce unemployment is to raise taxes! 
OK, even those of us who very much disagree with tax-cut mania don't believe this. Why not? Because we're surely looking at spurious correlation here. For example, unemployment was relatively low in 2007 because the economy was still being buoyed by the housing boom - and the combination of a strong economy and large capital gains boosted federal revenues, making taxes look high. Measured tax levels were a consequence of other things, not an independent variable driving the economy.
Similar problems bedevil any attempt to use historical correlation to assess the effects of government spending. If economics were a laboratory science, we could solve the problem by performing controlled experiments. But it isn't. Econometrics - a specialized branch of statistics that's supposed to help deal with such situations - offers a variety of techniques for "identifying" actual causal relatioships. The truth, howver, is taht even economists are rarely persuaded by fancy econometric analyses, especially when the issue at hand is so politically charged. What, then, can be done?

As I said, since the crisis began there has been a boom in research into the effects of fiscal policy on output and unemployment.

This clearly suggests that increasing government spending does indeed create growth and hence jobs.

Monday, February 18, 2013

Modugno bis

Non avevo ancora 8 anni, ma ho un ricordo netto di un episodio di quella sera del 1 febbraio 1958, quando Domenico Modugno sconvolse la musica italiana.
Dopo che tutti i cantanti avevano presentato le loro canzoni e si attendeva che la giuria indicasse il vincitore, a sorpresa venne annunciato che Nilla Pizzi avrebbe cantato di nuovo l'Edera.
Mi ricordo la mia rabbia, perché interpretavo quella concessione, che oggi non sarebbe consentita dalle regole ferree del Festival di Sanremo, come un favoritismo nei confronti della Pizzi.
L'Edera era una delle classiche canzoni melodiche all'italiana, struggenti e melense.
Ma la canzone che aveva cantato Modugno, Nel blu dipinto di blu, aveva un ritmo di swing ed era un'esplosione di gioia e di fantasia.
Pochi mesi prima era stato lanciato lo Sputnik, che aveva orbitato per la prima volta nello spazio, e che era stato possibile vedere passare a occhio nudo quando iniziò a precipitare. La canzone faceva immaginare i viaggi nello spazio che stavano per diventare realtà citando il "mondo pian piano spariva laggiù".

Ero veramente indignato che si forzasse la giuria per far vincere un'altra canzone.
Se non ché ci fu un altro copo di scena: il presentatore, vestito in frac, annunciò che anche Domenico Modugno aveva chiesto di ricantare la sua canzone e gli era stato concesso.
Modugno cantò con passione e forse anche con rabbia:
Fu un trionfo: non solo per la canzone e per Modugno ma anche secondo me per la giustizia.

Poi nella trasmissione Canzonissima in TV, l'Edera vinse davanti a Nel blu dipito di blu, dimostrando che la canzone melodica aveva ancora molto seguito.

L'episodio non viene riportato nel film sulla vita di Modugno, Volare, trasmesso su Rai 1, che fa apparire la vittoria al Festival di Sanremo come scontata.

Saturday, February 16, 2013

Cenerentola Boralevi

Ho appena ascoltato la scrittrice Antonella Boralevi illustrare il suo ultimo romanzo intitolato Baci di una notte, che racconta la storia di una figlia di un cassintegrato siciliano che va a lavorare in un fast food a Cortina, dove incontra in un rifugio il figlio ricco, bello e annoiato di una famiglia benestante. Complice la montagna, Cortina, "sotto la neve", la Boralevi fa intuire la nascita di una storia d'amore.

Non voglio nemmeno sentire il resto: talmente trita è l'idea della Cenerentola che incontra il principe azzurro, talmente di cattivo gusto è associare Cenerentola alla figlia di un cassintegrato e il principe a un finanziere di Londra e talmente indecente che la Boralevi sia andata a presentare il suo libro alla Confindustria di Firenze.

La favola di Cenerentola poteva essere utile per dare speranza ai proletari dell'Ottocento, quando non c'era libertà né democrazia, né giustizia sociale, e quindi l'unica possibilità di crescita sociale era quella di sposare un membro di una classe sociale privilegiata.

Il messaggio è devastante e fa il paio all'invito fatto tempo fa da Berlusconi a una giovane disoccupata, di sposare un milionario.

Thursday, February 14, 2013

Lavoro nel governo

Ho ricevuto un appello di Bersani, che recita:
L'obiettivo è: Vincere le elezioni e portare lavoro, rinnovamento, ripresa economica e giustizia sociale nel governo del Paese.
Finalmente un obiettivo chiaro: portare lavoro nel governo. Ossia a lui, che si candida a guidarlo.
 

Tuesday, February 05, 2013

Visualizzazione creativa

Sono incuriosito dallo studio delle tecniche comunicative dei politici, che la sinistra italiana dimostra di ignorare completamente.

Una mia collega si occupa di Critical Discourse Analysis e ha analizzato tutti i discorsi del presidente George W. Bush, individuandone i costrutti ben pianificati dai suoi spin-doctors per trasmettere messaggi che orientano l'opinione pubblica.
George Lakoff, a cui lo studio si ispira, ha scritto un libro (Don't think of an Elephant) in cui spiega magistralmente e tecniche retoriche usate dalla destra americana, e che sembrano essere state perfettamente copiate da Berlusconi.

Barack Obama ha curato la sua campagna selezionando con metodi scientifico la forma dei messaggi da inviare ai suoi sostenitori.

Mi chiedo se Berlusconi sappia come esprimersi per istinto o se abbia un team di professionisti della comunicazione che gli preparano i discorsi. Se è così, tanto di cappello.
L'ultima sua uscita è spiegata in questo modo da Mario Calabresi, direttore de La Stampa:
Il Cavaliere aveva bisogno di un colpo a effetto e ha usato una tecnica che gli esperti di comunicazione chiamano «visualizzazione creativa»: dare agli elettori l’esatta sensazione che proverebbero ad andare in Posta e tornare a casa col portafoglio pieno. Non c’è dubbio che sotto questo aspetto la mossa è azzeccata e potrebbe per un attimo aiutare i consumi.
Mi chiedo se la visualizzazione creativa può essere associata ai neuroni a specchio della mente umana: sono quella parte del cervello che ci rendono capaci di immedesimarci nelle sensazioni di altri.
 

Melandri o Voltaire

Ho sentito poco fa al telefono con Formigli le parole con cui Giovanna Melandri, presidente del museo Maxxi di Roma per meriti politici, giustifica la sua decsione di non proiettare il film di Emmot in periodo elettorale.
Voltaire diceva:
Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo.
La Melandri si ristudi i principi della libertà di espressione e capirà quanto sia assurdo che questi diritti siano sospesi proprio durante una campagna elettorale.

Quanto al fatto che "un ente pubblico, finanziato dai soldi di tutti" non possa essere il palcoscenico di un'opera che esprime un punto di vista, di qualunque parte esso sia, è una totale idiozia: se non sono proprio le istituzioni pubbliche a garantire la libertà di chiunque a esprimere le proprie opinioni, chi dovrebbe farlo?
La frase poi è orrendamente espressa negli stessi termini dell'editto bulgaro con cui Berlusconi ha preteso e ottenuto la cacciata dalla Rai di Biagi e Santoro.

Anche vietare una proiezione è un atto politico, da cui il Maxxi si dovrebbe astenere, se non vuole essere considerato fazioso.
Se la Melandri teme che vengano attribuite al Maxxi le opinioni dell'opera che presenta al pubblico, basta che esponga un disclaimer, come fanno giornali e riviste che pubblicano interventi non della redazione:
Quest'opera rappresenta le opinioni dell'autore, che non possono essere attribuite in alcun modo all'editore.
Visto che la Melandri non difende Emmot, significa che la Melandri non è Voltaire.
Forse su questo non c'erano dubbi, ma la sua posizione su questa vicenda la rende indegna di dirigere un'istituzione pubblica.
 

Monday, February 04, 2013

Berlusconi passa in testa e Bersani frana

Secondo le stime di Netsentiment Berlusconi è passato in testa nel gradimento tra i politci e Bersani scende al quarto posto scavalcato da Grillo.

Quale sia il problema del PD è talmente evidente che ormai lo dicono tutti, compreso l'editoriale di Battista sul Corriere della Sera:  non si sa quali siano le posizioni del PD, molto probabilmente perché non lo sanno neppure loro.

Bersani parla in modo confuso e incomprensibile attraverso allusioni e sottintesi: "questa cosa qua" (sarebbe la truffa del MPS), "sapete di cosa parlo", e altre simili che sono state usate come zimbello da Crozza.

Mi ero preso la briga di segnalare la scarsa chiarezza della cosiddetta carta di intenti fatta firmare in occasione delle primarie.
Ora ho ricevuto una email con un appello al voto, che ho letto e cestinato perché non avevo voglia di fare un'altra disamina critica.
Ma Annamaria Testa lo ha fatto per me. Eppure basterebbe che Bersani si facesse correggere i testi da un maestro di scuola elementare, non dico da un spin doctor!


Un vecchio amico come Paolino Madotto si è entusiasmato per le proposte "finalmente concrete" che Bersani propone sull'innovazione. A me sono parse molto vaghe.

Prendiamo ad esempio ciò che Bersani dice su CDP, che Paolo cita nel suo panegirico: "In questi ultimi anni la CDP è stata lasciata troppo sola di fronte a questo tipo di scelte. Se andremo al governo riporteremo sotto la politica industriale più generale questa partita per aiutare in tutti modi la diffusione di internet e la crescita del nostro sistema produttivo, con la massima attenzione e oculatezza." Quali scelte? Qual è la partita? Che vuol dire "massima attenzione e oculatezza", mi pare il minimo da parte di qualunque ammistratore onesto: ci dovrebbe dire come pratica questa attenzione e oculatezza. Nominando una persona all'AGCOM d'imperio senza leggere i curricula?
L'unico pezzo sensato nella frase è "aiuteremo in tutti i modi la diffusione di internet". Ma me ne vuoi dire almeno uno?
Non voglio apparire come un sostenitore di Monti, ma nel suo piano si indicano i nomi di persone competenti che sono state messe in lista per occuparsi di innovazione e si parla di scorporo della rete da Telecom. Questa è una cosa chiara e secondo me fondamentale.

 

La sinistra avrebbe dovuto imparare almeno una cosa in 20 anni di Berlusconismo: a parlare chiaro alla gente. Se perderà ancora una volta, la ragione è questa.

Saturday, February 02, 2013

Google funds French publishers

Google signs a deal with the French government to provide 60 million Euros to establish a fund to finance projects by French publishers to improve their Internet presence.

It sounds a little bit crazy that the European publishers have to beg a competitor like Google to fund the innovations they desperately need to survive.
Google will have total visibility of the project developments, and if any relevant and innovative result would come out of the projects they will be in a position to exploit it, possibly even more quickly than the publishers, since Google has a much bigger and better infrastructure and a larger and well trained technical staff.

History teaches that the typical effect of subsidies like these is that companies will just relax on the little oxigen for their finances, but when the money will expire, they will be in even worse position than before in the marketplace.

The second part of Google proposal is to increase the use by publishers of Google advertising platform which guarantees to Google a 62% share of the revenues.
All things considered, accepting Google proposal would be a suicide for publishers, as argued by the director of Fanpage.

Even more striking is that Europe is unable to fund its own research: it is a terrible sign if private US companies start replacing the ineffective and bureocratic process of funding research established at the European Commission.
When I was at MIT, Marvin Minsky impressed me by saying that it is much better to fund research through mecenatism than by committees. Even random choice is better that committees since there is a chance that an outstanding project will be chosen, which instead would have zero chances in an evaluation by a committee.

After having been one of the pioneers of European projects back in 1980's, when one of my project was even selected as a ESPRIT flagship project, in the 1990's I started experiencing the miopy of the European research evaluation process.

Specifically on the topic of technologies for newspaper publishing, in 2011 I gathered a team of the best world-reknown experts in Europe on syntactic analysis of natural languages and submitted to a call of FP7 a proposal for a project titled
NewsFlow: An Integrated Language Engine and Personalised Newspaper Delivery
The project aimed on one side at advancing language analytics technology, and on the other to apply these technologies in the production of personalized newspaper for online fruition.
We envisaged building an innovative service for online journalism, capable of analyzing and aggregating news-items on a large scale, and allowing publishing personalized newspaper editions and delivering them through different digital media.
The project involved the largest newspaper publishing group in Italy and had preliminary contacts with other European groups.

The reviewers of project NewsFlow (proposal n. 287731, call FP7-ICT-2011-7) seemed quite incoherent to me as they wrote that the project had high potential impact:
"The objectives are clear and valid. The goal of building a single all-encompassing model is innovative and ambitious but risky. The overall concept however is sound and is in line with the work programme."
"There is high potential impact, but this is jeopardised by the risks embodied in the technical approach."
but then suggested not to fund it.
The project would be well under way by now, if it were funded by the EU and some of those technologies that publishers seem to require now would be already available to them.

The fact that the project was ambitious but risky to me was a very positive assessment.
If one does not undertake risky projects, what is the purpose of research? Do just what you already know how to do?
Isn't the purpose of public funding to be used for ambitious and risky ideas?
If it is not risky, one would ask a bank for funding.
Should the EU Commission reason and behave like a bank?
Whose risk it was? Did the reviewers worry about their own money?
Did they ever worry about the many funded projects that have not delivered anything, even if the project was not risky?
What is more risky for Europe: not to try innovative ideas or to wait for some US company to take their market by storm?

An internal review document by the Commission itself acknowledges the issue but does not propose a solution: "Challenges: The Need to Reach an Agreement on the Balance between Trust and Risk in Research Funding".

I am pursuing nevertheless the idea in which all the NewsFlow project proposers believed and we are working on the risky "single all-encompassing model" with various funding, including, ironically, a Google award.

This is the second time that the Language Technology division of the European Commission rejects a proposal of mine.
The first one was in 1996, when I submitted project Naxos (ESPRIT Proposal No. 24872), for developing search technologies based on link analysis of Web (before PageRank was made popular by Google).
In that case the project was rejected with the motivation it "lacks a European dimension".
The European project officer at the time, Nino Varile, was unable to explain to me what that meant.
The project fullfiled the requirements of participation of teams from several European countries.
We then built those technologies ourselves with our own startup, Ideare, who went on to built Web search engines throughout Europe (lack of European dimension!).