Si chiamava dècima la quota parte del reddito che un agricoltore doveva alla chiesa.
Maurizio Dècina è invece un noto professore e professionista del settore telecomunicazioni, alle cui aziende a volte offre i sui tributi.
I suoi seminari sono sempre interessanti, perché è un grande istrione e si sbilancia sempre in previsioni per il futuro. Raramente ci indovina, ma è divertente starlo a sentire.
Ricordo ad esempio una riunione del 1996, dopo l'insediamento di Prodi, convocata dall'on. Giovanna Melandri, appena nominata responsabile del settore Comunicazioni del PDS, dopo avere defenestrato Piero De Chiara, che aveva aiutato noi di Città Invisibile nella battaglia contro la TUT.
Maurizio Dècina fece una delle sue presentazioni sul futuro, in cui preconizzava un sistema tutto basato sulla TV via satellite.
Per spiegare quanto fosse fuori strada, azzardai una previsione: entro 4-5 anni la gente avrebbe speso più tempo in Internet che davanti alla TV. Tutti mi guardarono allibiti.
Eppure la previsione era semplice: contavo sul fatto che entro pochi anni molte aziende sarebbero state collegate e quindi gran parte dei lavoratori avrebbe speso 8 ore al giorno scambiadosi mail e altri materiali via Internet. Bastava poi aggiungere una buona pecentuale di giovani che avrebbero adottato la tecnologia e i numeri erano fatti.
Pochi anni dopo, per dare una spinta in quella direzione, sottomisi al Presidente del Consiglio D'Alema una lettera aperta che suggeriva di intervenire per lo sviluppo di Internet in Italia, con quelli che chiamai i Parametri Maastrich per Internet: obiettivi misurabili che l'Italia doveva raggiungere per poter entrare nell'era della comunicazione digitale.
Tornando a ieri, nel corso di un seminario della serie Informatica e Networking, qui a Pisa, Maurizio Dècina ha sostenuto che le aziende di servizio, i cosiddetti OTT, Over The Top), non pagano i costi della rete che usano per erogare i loro servizi.
Questo è l'argomento chiave che usano tutti gli operatori telefonici europei per pretendere un balzello sui profitti di chi fa servizi, e cercano sponda nei politici di turno, minacciando il rischio di posti di lavoro.
Gli ho fatto notare che l'idea è altrettanto assurda che se la Società Autostrade, oltre a farsi pagare il pedaggio per i camion che li trasportano, chiedesse all'Ikea una quota dei profitti delle vendite dei suoi mobili.
La cosa lo ha fatto terribilmente inalberare, e ha cominciato a blaterare che lui la questione la conosce bene e che ci sono studi che lo dimostrano.
Ho ribadito che la banda usata per il trasporto viene pagata da due lati, sia da Google, che paga l'accesso al/agli ISP a cui si connette, che dagli utenti che la pagano al loro operatore.
Lui ha obiettato che gli utenti pagano una tariffa flat.
Appunto: la pagano, con la tariffazione che ha reso possibile lo sviluppo di Internet.
Se si fosse adottata la tariffazione a consumo, come pretendevano gli operatori telefonici, Internet oggi non esisterebbe. Oggi, che di consumo gli utenti non vogliono sentir parlare, gli operatori rilanciano con tariffazioni basate sui contenuti, dovendo passare per questo sopra la Net Neutrality.
Qui si è arrabbiato ancora di più, dicendo che lui è stato il primo a portare Internet in Italia e che sa cos'è Internet e che lui con Internet ci ha guadagnato facendo Inet con Quintarelli.
Avrei potuto ribattere che c'è stato qualcun altro prima di lui a portare Internet in Italia, non da ultimo la Città Invisibile con la battaglia contro la TUT e il GARR con la rete GARR-B, GARR-G e GARR-X, che è tutt'ora la rete Internet con maggior banda aggregata in Italia.
E quanto a soldi, Ideare ne ha guadaganti parecchi creando i primi motori di ricerca in Italia.
Ma non mi andava di fare a chi ce l'ha più duro, quindi sono stato zitto.
Gli ho invece segnalato che Stefano Quintarelli, nel seminario prima del suo, ha sostenuto il contrario, che se anche si distribuissero i ricavi degli OTT ai carrier, questo non porterebbe loro grande beneficio, perché in Internet, come in tutti i fenomeni a Power Law, pochissimi fanno molti soldi e tantissimi fanno pochi soldi.
Pertanto distribuendo una parte degli utili di Google a migliaia di carrier, a questi arriverebbero solo briciole.
Farebbero meglio a fare loro stessi i servizi, facendo concorrenza agli OTT.
Cosa che però Dècina ha ammesso che non sanno fare.
Ci siamo lasciati con la promessa che mi manderà dei materiali che dimostrano che Google non paga l'accesso perché ha fatto un accordo di peering in cui non paga quattrini, in cambio del traffico che porta al carrier.
Secondo me questo non vuol dire non pagare, vuol dire pagare in natura, anziché in moneta.
Poi potremo discutere se Google o Amazon abusano di posizione dominante, ma questa è un'altra questione.
Intanto gli ho mandato questo mio articolo Internet è di tutti, che apparirà sul numero di GARR News dedicato ai 20 anni della rete della ricerca italiana.
Oggi molto gentilmente mi ha mandato alcune segnalazioni, tra cui:
Maurizio Dècina è invece un noto professore e professionista del settore telecomunicazioni, alle cui aziende a volte offre i sui tributi.
I suoi seminari sono sempre interessanti, perché è un grande istrione e si sbilancia sempre in previsioni per il futuro. Raramente ci indovina, ma è divertente starlo a sentire.
Ricordo ad esempio una riunione del 1996, dopo l'insediamento di Prodi, convocata dall'on. Giovanna Melandri, appena nominata responsabile del settore Comunicazioni del PDS, dopo avere defenestrato Piero De Chiara, che aveva aiutato noi di Città Invisibile nella battaglia contro la TUT.
Maurizio Dècina fece una delle sue presentazioni sul futuro, in cui preconizzava un sistema tutto basato sulla TV via satellite.
Per spiegare quanto fosse fuori strada, azzardai una previsione: entro 4-5 anni la gente avrebbe speso più tempo in Internet che davanti alla TV. Tutti mi guardarono allibiti.
Eppure la previsione era semplice: contavo sul fatto che entro pochi anni molte aziende sarebbero state collegate e quindi gran parte dei lavoratori avrebbe speso 8 ore al giorno scambiadosi mail e altri materiali via Internet. Bastava poi aggiungere una buona pecentuale di giovani che avrebbero adottato la tecnologia e i numeri erano fatti.
Pochi anni dopo, per dare una spinta in quella direzione, sottomisi al Presidente del Consiglio D'Alema una lettera aperta che suggeriva di intervenire per lo sviluppo di Internet in Italia, con quelli che chiamai i Parametri Maastrich per Internet: obiettivi misurabili che l'Italia doveva raggiungere per poter entrare nell'era della comunicazione digitale.
Tornando a ieri, nel corso di un seminario della serie Informatica e Networking, qui a Pisa, Maurizio Dècina ha sostenuto che le aziende di servizio, i cosiddetti OTT, Over The Top), non pagano i costi della rete che usano per erogare i loro servizi.
Questo è l'argomento chiave che usano tutti gli operatori telefonici europei per pretendere un balzello sui profitti di chi fa servizi, e cercano sponda nei politici di turno, minacciando il rischio di posti di lavoro.
Gli ho fatto notare che l'idea è altrettanto assurda che se la Società Autostrade, oltre a farsi pagare il pedaggio per i camion che li trasportano, chiedesse all'Ikea una quota dei profitti delle vendite dei suoi mobili.
La cosa lo ha fatto terribilmente inalberare, e ha cominciato a blaterare che lui la questione la conosce bene e che ci sono studi che lo dimostrano.
Ho ribadito che la banda usata per il trasporto viene pagata da due lati, sia da Google, che paga l'accesso al/agli ISP a cui si connette, che dagli utenti che la pagano al loro operatore.
Lui ha obiettato che gli utenti pagano una tariffa flat.
Appunto: la pagano, con la tariffazione che ha reso possibile lo sviluppo di Internet.
Se si fosse adottata la tariffazione a consumo, come pretendevano gli operatori telefonici, Internet oggi non esisterebbe. Oggi, che di consumo gli utenti non vogliono sentir parlare, gli operatori rilanciano con tariffazioni basate sui contenuti, dovendo passare per questo sopra la Net Neutrality.
Qui si è arrabbiato ancora di più, dicendo che lui è stato il primo a portare Internet in Italia e che sa cos'è Internet e che lui con Internet ci ha guadagnato facendo Inet con Quintarelli.
Avrei potuto ribattere che c'è stato qualcun altro prima di lui a portare Internet in Italia, non da ultimo la Città Invisibile con la battaglia contro la TUT e il GARR con la rete GARR-B, GARR-G e GARR-X, che è tutt'ora la rete Internet con maggior banda aggregata in Italia.
E quanto a soldi, Ideare ne ha guadaganti parecchi creando i primi motori di ricerca in Italia.
Ma non mi andava di fare a chi ce l'ha più duro, quindi sono stato zitto.
Gli ho invece segnalato che Stefano Quintarelli, nel seminario prima del suo, ha sostenuto il contrario, che se anche si distribuissero i ricavi degli OTT ai carrier, questo non porterebbe loro grande beneficio, perché in Internet, come in tutti i fenomeni a Power Law, pochissimi fanno molti soldi e tantissimi fanno pochi soldi.
Pertanto distribuendo una parte degli utili di Google a migliaia di carrier, a questi arriverebbero solo briciole.
Farebbero meglio a fare loro stessi i servizi, facendo concorrenza agli OTT.
Cosa che però Dècina ha ammesso che non sanno fare.
Ci siamo lasciati con la promessa che mi manderà dei materiali che dimostrano che Google non paga l'accesso perché ha fatto un accordo di peering in cui non paga quattrini, in cambio del traffico che porta al carrier.
Secondo me questo non vuol dire non pagare, vuol dire pagare in natura, anziché in moneta.
Poi potremo discutere se Google o Amazon abusano di posizione dominante, ma questa è un'altra questione.
Intanto gli ho mandato questo mio articolo Internet è di tutti, che apparirà sul numero di GARR News dedicato ai 20 anni della rete della ricerca italiana.
Oggi molto gentilmente mi ha mandato alcune segnalazioni, tra cui:
- uno studio sul traffico di Internet di Craig Labowitz di Arbor Networks
- uno studio di A.T. Kearney sulla sostenibilità dello sviluppo di Internet in cui si riportano i ricavi degli OTT e quelli dei carrier, da cui ha tratto alcuni dati della sua presentazione
- un lucido che illustra il flusso di traffico e di ricavi tra Netflix, Level3 e Comcast (Netflix pagherebbe il transito a Level3, che a sua volta pagherebbe gli ISP di accesso locale)