Il direttore amministrativo dell'Università di Pisa, dr. Grasso, ci ha invitato ad un "evento visivo e musicale" al Palazzo Lanfranchi, che l'università ha patrocinato.
Abbiamo ascoltato della musica elettronica corredata da immagini proiettate su un grande schermo elettronico, il cui affitto deve essere costato non poco.
La tecnologia di animazione di immagini non era sicuramente d'avanguadia ed evito di riportare il mio giudizio sulla qualità artistica.
Noto solo una curiosità che ha colpito me e altri colleghi presenti: l'autore delle musiche ha voluto sottolineare che si trattava della prima volta che la musica veniva catturata per trasformarla da "volatile" a stabile "come la scultura".
Forse gli sfuggiva che l'invenzione del grammofono di Edison risale all'800.
Quanto alla combinazione di "segni, musica e voce", anche questa sbandierata come assoluta novità, vorrei invitare l'autore ad accendere una qualunque televisione.
Infine, per quel che riguarda le emozioni che, secondo il prof. Tosi, l'evento avrebbe dovuto sollecitare, non c'è dubbio che la delusione sia una emozione.
Ma la vera questione è se il dr. Grasso abbia utilizzato per questa bella iniziativa i fondi che quest'estate ha sottratto ai dipartimenti.
Per chi non lo sapesse, il Consiglio di Amministrazione dell'Università di Pisa, pressata dal Ministero a risanare il bilancio, ha deciso di incamerare circa 20 milioni di Euro che aveva preso a prestito dai residui di fondi di ricerca dei vari dipartimenti, per coprire spese effettuate nel corso degli anni 2000-2009.
Nonostante le proteste di alcuni direttori, arrivati al punto di chiedere le dimissioni del prorettore al bilancio, e di minacciare le dimissioni, il rettore ha insistito per la sua strada, accusando i dipartimenti di rifiutare i "sacrifici inevitabili", che "le circostanze esterne creano".
Il rettore non spiega quali siano le circostanze esterne che lo avrebbero obbligato a prendere a prestito fondi di ricerca per dirottarli su spese di altro tipo, quali l'edilizia.
In realtà il Ministero ha restituito negli anni successivi i fondi che nel 2000 aveva trattenuto e che sarebbero stati la causa originale degli ammanchi.
I veri resposabili della situazione attuale sono quindi i rettori.
Pasquali stesso richiama "all'osservanza di una regola di buona condotta contabile di ogni ente pubblico: cioè, che i limiti di spesa sono dettati dalla cassa", regola che proprio la sua amministrazione non ha rispettato, usando la cassa di altri.
In altre parole, l'università di Pisa è vissuta per anni al di sopra delle proprie possibilità, nella speranza di cambiamenti nella politica del governo sul finanziamento delle università, e quando la situazione è divenuta insostenibile, ha deciso di accapararrarsi i fondi destinati alla ricerca.
Arrogarsi il diritto di trattenere fondi altrui è una violazione delle più elementari norme civili.
Oltretutto si tratta di una soluzione assolutamente iniqua: quei dipartimenti che i sacrifici li hanno già fatti in passato, sia faticando per procurarsi finanziamenti alla ricerca, sia spendendoli con oculatezza, si trovano ad essere tartassati di nuovo e a dover contribuire in maniera spropositata alle spese che altri hanno fatto con allegria.
È un pessimo segnale sia per la equità che per la moralità oltre che un grave attentato alla ricerca, perché sottrae ai dipartimenti fondi vitali per sostenere con borse e contratti i giovani aspiranti ricercatori tra la fine e l'inizio di nuovi progetti.
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
1 comment:
leggere l'intero blog, pretty good
Post a Comment