Con la presente abbiamo il piacere d'invitarla, Mercoledi 17 Settembre 2008, a Pisa presso il Dipartimento di Informatica, Largo B. Pontecorvo 3, Edificio C - Sala Gerace, dove avrà luogo una Giornata di discussione e confronto fra enti e aziende sul tema Open Source e Riuso.
L'evento è organizzato congiuntamente con il Centro Regionale di Competenza per l'Open Source per affrontare i seguenti argomenti:
- le applicazioni distribuite con licenze open source sono disponibili per tutti, quindi riusabili per definizione;
- l'open source è un riuso molto più aperto di quanto il CAD prescrive, per le PA è una scelta non richiesta e, per certi versi, coraggiosa;
- per portabilità e costi di licenza, è più conveniente riusare i prodotti sviluppati su piattaforme aperte di quelli basati su componenti proprietari;
- il riuso, anche se nell'ambito ristretto della PA e dei suoi fornitori contribuisce a diffondere i principî fondamentali dell'open source: disponibilità del codice e della documentazione, libertà di modifica, sviluppo cooperativo, concorrenza basata sulle competenze tecnologiche.
Mi sono imbattuto in questo articolo, presentato al Convegno Nazionale AICA 2007:
http://www.crcr.unipi.it/mediawiki/images/d/db/CRCR20070921-AICA-cr.pdf
dal quale si possono estrarre queste deliziose banalità:
Da cui con un semplice sillogismo si ricava che non ci sono prodotti riusabili.Perché un prodotto sia veramente riusato sono necessarie due condizioni: il riuso deve essere possibile, ma soprattutto deve essere conveniente.
perché il riuso sia conveniente il prodotto deve essere veramente ben fatto.
I prodotti disponibili oggi per il riuso sono piuttosto lontani dall'essere ben fatti.
Quando gli autori se ne rendono conto, correggono il tiro a proposito del catalogo di software riusabile che il Centro ha il compito di mantenere:
non ha senso tenere il catalogo vuoto perché l'asticella del ben fatto è troppo alta.
Ne consegue che viene accettato che nel catalogo ci siano prodotti non proprio riusabili.
Il catalogo viene pertanto riempito dai fornitori, i quali sono loro stessi ad autocertificare il proprio software.
Attualmente nel catalogo sono presenti 10 schede complete di prodotti e altre 30 incomplete,
ossia nemmeno la descrizione del prodotto è adeguata.
Il Centro comunque si sottrae da qualunque responsabilità affermando:
Il CRCR non ha il compito di validare la verità e l'accuratezza di quanto contenuto nella dichiarazione (di certificazione. ndr).
Anche il resto dell'articolo rimane sul superficiale e il quadro sull'attività effettiva del centro rimane molto vago.
Sono dispiaciuto come informatico e come cittadino:
- che i colleghi del mio dipartimento scrivano articoli di questo tenore
- che il congresso nazionale degli informatici italiani accetti articoli del genere
- che la regione Toscana finanzi un'attività dai risultati alquanto discutibili.
1 comment:
Ne abbiamo gia' parlato a voce, ma ti avevo promesso che ti avrei risposto anche su queste pagine, quindi eccomi qua.
Per la cronaca, lavoro nel Centro citato e sono coautore dell'articolo criticato.
Il Centro e' stato affidato al Dipartimento tramite una selezione pubblica. L'importo del finanziamento e' di 300 mila euro.
Ne sono stati spesi molti (ma molti) di piu' per finanziare applicazioni di e-gov replicate: in Toscana abbiamo 9 sistemi per i servizi dei comuni alle imprese e 6 per i servizi dei comuni ai cittadini. Altri soldi sono stati spesi per tentare di rendere interoperabili questi prodotti.
Se adesso si investe qualcosa per provare a fare un po' di selezione favorendo lo sviluppo e il riuso solo dei prodotti migliori (meno peggio), forse forse non e' una cattiva idea.
Il compromesso che cerchiamo nel gestire il catalogo serve a questo, la speranza e' di alzare appena possibile i criteri di certificazione.
La nostra certificazione funziona come funzionano molti collaudati schemi di certificazione (9001 e CE per dirne due): i responsabili dei prodotti sono inchiodati alle loro dichiarazioni. Collaudare i sistemi di nuovo sarebbe, questo si', un vero spreco e una inutile sostituzione di responsabilita'.
Sono cose note, quindi diciamo banalita' (deliziose pero').
Beh, in dipendenza del contesto e' necessario dirle e ridirle. Riuso e open source sono noti e stranoti. Pero', sempre piu' spesso, sono parole vuote usate solo per rinnovare il lessico delle azioni di governo.
L'utilita' dell'Universita' sta anche nel trasferire con pazienza e buon senso la conoscenza gia' acquisita.
Se la Regione manifesta un bisogno bisognerebbe tirarsi indietro solo perche', scientificamente, non e' granche' eccitante?
Certo e' una buona scusa per limitarsi a criticare senza sporcarsi le mani provando a cambiare qualcosa.
Abbiamo fatto emergere la cattiva riusabilita' di 3 prodotti su 4: per noi e' un risultato che, speriamo, serva a dirigere meglio i prossimi investimenti.
Almeno come contribuente non dovresti dispiacerti, ma sperare con noi che ascoltino le nostre banalita' :)
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