In un post precedente asserivo che non c'è da fidarsi degli economisti.
Oggi l'osservazione viene confermata da un grave scivolone, svelato da alcuni studenti del MIT, che si sono dati la briga di andare a controllare i dati e i conteggi su cui si basa un articolo di Reinhart-Rogof, molto influente e citato.
Influente e citato perché dice quello che certi politici volevano sentirsi dire (con un'altra inversione di causa e effetto).
Influente e citato perché dice quello che certi politici volevano sentirsi dire (con un'altra inversione di causa e effetto).
Paul Krugman lo spiega così.
L'ho detto varie volte, che correlazione non vuol dire causalità.
Qui non c'è solo questo, ma anche errori nei dati e nelle procedure di calcolo.
Eppure la stampa, i politici, il Fondo Monetario (che a sua volta ha sbagliato i conti sui moltiplicatori), la BCE, l'"Europa che ce lo chiede", la Merkel, Monti, gli economisti di Chicago ci hanno somministrato il mantra che bisogna abbattere il debito per rilanciare la crescita.
Siamo sicuri che vogliamo affidare ad algoritmi di analisi di dati i nostri destini?
Errori come questi hano ripercussioni sulla vita di milioni di persone.
I dati errati degli economisti sono stati usati per giustificare politiche economiche che hanno portato alla depressione.
Resta il fatto che qualunque siano state le fonti di ispirazione, chi ha deciso quelle politiche le ha volute e sappiamo perché.
Di cantori dell'austerità ne abbiamo anche in Italia, in particolare Alesina, economista ed editorialista del Corriere della Sera, che è incappato in simili critiche.